Lo schema Ponzi e le Pensioni


Conoscete lo schema Ponzi?

Lo schema di Ponzi permette a chi comincia la catena e ai primi coinvolti di ottenere alti ritorni economici a breve termine, ma richiede continuamente nuove vittime disposte a pagare le quote. I guadagni derivano infatti esclusivamente dalle quote pagate dai nuovi investitori e non da attività produttive o finanziarie

Il sistema è naturalmente destinato a terminare con perdite per la maggior parte dei partecipanti, perché i soldi “investiti” non danno alcuna vera rendita né interesse, essendo semplicemente incamerati dai primi coinvolti nello schema che li useranno inizialmente per rispettare le promesse. La diffusione della truffa spesso diventa di tale portata da renderla palese, portando alla sua interruzione da parte delle autorità.

Che differenza c’è tra lo Schema Ponzi e l’Inps? Chi oggi va in pensione (anziano) prende un assegno mensile, pagato finanziariamente da chi oggi lavora (giovane). I contributi di quest’ultimo (giovane), infatti, vengono utilizzati per liquidare la pensione periodica a coloro che stanno a riposo (anziani). Chi sta a riposo ha fatto altrettanto in precedenza quando è stato giovane; e chi oggi è giovane e lavora (e versa i contributi), lo fa sapendo che un domani, quando sarà anziano e avrà diritto a una pensione, ci saranno altri giovani disposti a mettere mano alla tasca per pagare i contributi necessari a liquidargli la pensione.

Funziona più o meno così il patto intergenerazionale che lega giovani e anziani sulle pensioni. Una sorta di compromesso che ha funzionato, e pure bene, per anni. Anni di crescita demografica e di sviluppo economico che hanno fatto congetturare una panacea di previdenza (pubblica/statale) capace di viaggiare a senso unico, senza rischi di arretramento. Così è stato nel settore delle pensioni pubbliche e così anche in quello delle casse di previdenza professionali. Un problema, invece, c’è. Ed è un problema di sostenibilità, che vuole dire capacità di garantire quelle prestazioni che il sistema ha promesso negli anni.

Chi oggi va in pensione (anziano) ha lavorato e versato alla propria cassa di previdenza un tot di contributi sulla base di una promessa di ricevere, a tempo debito, una certa pensione (un certo ammontare di pensione). Quella pensione, adesso, egli pretende che gli venga pagata senza sconto alcuno. E se il sistema (la cassa) non riesce a pagare quella pensione? Il problema non ricade sulle spalle del pensionato (anziano), ma su quelle di coloro i quali devono procurare i soldi per pagare la pensione: cioè i giovani.

Succede allora che diventa inevitabile aumentare i contributi ai lavoratori (che sono i giovani). E un aumento dei contributi comporta, giocoforza, la promessa di pensioni più cospicue per il futuro (ri)mettendole a carico dei futuri giovani (una sorta di ipoteca sul futuro). E’ qui il rischio: creare un circolo vizioso, dal quale difficilmente il sistema riuscirà ad uscirne indenne.

Il problema si risolverebbe da solo (senza sacrifici) se il numero dei lavoratori (giovani nuovi iscritti alle casse professionali) crescesse costantemente nel tempo. In un’economia matura è quanto può accadere normalmente; ma non è certo questo il quadro prospettico che si possiede oggi. E a far peggiorare le previsioni contribuisce la crisi economica. Peraltro, le professioni mutano nel tempo implicando, così, una mutabilità anche nella numerosità degli iscritti e dei pensionati delle singole casse previdenziali. E’ quello che è successo nel recente passato consegnando i problemi del presente: le casse con pochi iscritti e molti pensionati sono inevitabilmente destinate alla sofferenza, perché chi paga i contributi (giovani, pochi iscritti) non riesce a sostenere i pensionati (anziani, in numero proporzionale maggiore rispetto al passato).

L’Attuale sistema pensionistico non è decisamente al passo con i tempi, sia perché non tiene conto dell’aumentata speranza di vita sia perché ignora che l’economia è cambiata. Se si vuole parlare di Benessere Interno Lordo , è abbastanza assurdo caricare i lavoratori di oneri relativi a una pensione che non si sa nemmeno se potranno godere. Da un lato lo è perché non si può continuare a considerare la pensione come un “meritato riposo”: chi ama la vita considera questa visione delle cose come l’anticamera della fine; dall’altro lato lo è perché i costi pensionistici privano il lavoratore di un immediato miglior tenore di vita. Dovrebbe spettare al singolo decidere se “mettere da parte qualcosa per la propria vecchiaia” (gestendo oculatamente i propri risparmi più che usare strumenti ottimistici come le pensioni integrative) o godersi la vita perché “tanto quando si è vecchi non ci si gode più nulla”.

Dal punto di vista sociale, può essere giustificata solo la pensione di sussistenza, quella che consente a chi non ha risparmiato nulla di non finire per strada; tale pensione può essere calcolata come la retta di una residenza di anziani, in cui persone non più autosufficienti finiscono la loro esistenza. Per capirci, una pensione attorno ai 1.500 euro al mese.

Chi manda in rosso i conti dell’INPS non sono certo le pensioni minime o quelle sotto i 1.000 euro, ma le pensioni d’argento e quelle d’oro, ancora molto più comuni di quello che si pensa.

Chi ha un orizzonte pensionistico di almeno 20 anni non dovrebbe quindi battersi per avere la migliore pensione possibile, ma per una riduzione dei contributi pensionistici: questo perché una persona veramente autosufficiente non ha paura del suo futuro e una persona veramente attiva vuole vivere il presente al massimo.

La tecnica prende il nome da Charles Ponzi, un immigrato italiano negli Stati Uniti che divenne noto per avere applicato una simile truffa su larga scala nei confronti della comunità di immigrati prima e poi in tutta la nazione. Ponzi non fu il primo a usare questa tecnica, ma ebbe tanto successo da legarvi il suo nome. Con la sua truffa coinvolse infatti 40 mila persone e, partendo dalla modica cifra di due dollari, arrivò a raccoglierne oltre 15 milioni.

Fonti: wikipedia – albanesi.it -www.loccidentale.it

Lascia un commento